www.cresmedaily.it - Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Archivio

Gli occupati in Italia erano 23 milioni e 42mila nel febbraio 2020, alla vigilia dello scoppio della Pandemia, che - fra marzo e giugno - fece scendere di oltre un milione di unità, fino a 22 milioni e 24mila, la popolazione con lavoro. Nel settembre 2023 l'ISTAT ha registrato 23 milioni e 656mila occupati, un milione e 632mila unità in più rispetto al punto più basso della Pandemia nel giugno 2020 e, quel più conta, 614mila unità sopra il livello pre-Covid. Il dato provvisorio di ottobre di ISTAT fa salire il numero degli occupati a 23.683.000, con un ulteriore incremento di 27mila unità (641mila sopra il livello pre-Covid). La stretta occupazionale conseguente alla crisi sanitaria è un lontano ricordo, ma alcuni fattori innescati dalla reazione alla Pandemia hanno contribuito a mutazioni profonde e strutturali del mercato del lavoro. Un fenomeno che si manifesta in questi mesi è la crescita dell'occupazione a un ritmo sostenuto anche con il PIL che rallenta fortemente (+0,1% congiunturale nel 3° trimestre 2023). "Cosa sta accadendo nel mondo del lavoro?" è una domanda che al momento non ha risposte solide, ma molti sono i fattori che concorrono a questo andamento.
Alcune correzioni rispetto al primo semestre, ma per i prezzi alla produzione delle costruzioni lo scenario europeo resta lo stesso, con aumento del livello dell’indice tra il 2019 e il 2023 superiore al 30% in 7 paesi su 18. L’Italia si conferma in decima posizione, con stima rivista al ribasso (+26,7% contro +27,7% di giugno). Viceversa, in Germania aggiustamento al rialzo, con aumento dell’indice oltre i 40 punti percentuali; nella stessa direzione, ma con revisioni più significative, il blocco dei paesi dell’Est, Polonia e Slovacchia in testa, e Danimarca. Stime al ribasso per Paesi Bassi, Portogallo, Svezia e Regno Unito. Sono le stime di EUROCONSTRUCT al 1° dicembre.
I dati appena pubblicati dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle Entrate confermano l’andamento negativo delle compravendite di abitazioni con il calo del -11,8% nei primi nove mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022. Tuttavia si può rilevare un elemento di ottimismo dal calo più moderato dell’ultimo trimestre (il terzo del 2023) con il -10,4% che si aggiunge ai precedenti dati rilevati del primo trimestre (-8,3%) e del secondo trimestre (-16,0%). Nel complesso dei primi nove mesi 2023, i capoluoghi registrano un calo del -12,7% mentre gli altri comuni mostrano una migliore tenuta con il -11,5%.
Il 2023 riconduce alla fisiologia il mercato dei lavori pubblici. Crollano del 20% il numero e del 58% gli importi di "appalti interrotti" nel corso delle prime fasi: bandi ritirati, gare non svolte o non aggiudicate, aggiudicazioni revocate. Sono 262 nei primi dieci mesi del 2023 per un importo di 2.740 milioni messi a gara contro i 326 per 6.533 milioni nello stesso periodo del 2022. Difficile dire a chi spetti il merito di questa normalizzazione, ma gli indiziati principali sono tre: il PNRR con le sue regole semplificate che impongono tempi blindati per le varie tappe della procedura; il nuovo codice degli appalti; la grande quantità di opere messe in appalto.
Il settore delle costruzioni è sempre meno importante per l’economia mondiale. Quest’anno il rapporto tra investimenti e output aggregato scenderà all’11,7%, il valore più basso di tutti gli anni Duemila. La causa è l’esplosione della crisi residenziale in molte economie avanzate e soprattutto – date le dimensioni in gioco – del rallentamento del fenomeno delle costruzioni in Cina.
Per il settore delle costruzioni si registra nel 2023 una prima frenata degli investimenti (-0,6%) cui seguirà una caduta molto più forte nel 2024 (-8,5%). Sono le previsioni del CRESME, contenute nel 35° Rapporto congiunturale che il direttore dell’istituto di ricerca, Lorenzo Bellicini, presenterà stamattina a Milano (e in collegamento online). Il settore è schiacciato fra la fine della stagione del Superbonus e la spesa per il PNRR che non decolla ancora come era nelle previsioni, anche se il mercato delle opere pubbliche cresce ancora.
L'economia pubblica informale dilaga e nessun settore è esente dal fenomeno. I dati ANAC sulle procedure avviate dalla piena operatività del codice 36, il 1° luglio 2023, dicono che anche nel settore dei servizi vincono gli affidamenti senza una gara formale, anche se la quota affidata con gara rappresenta il 48-49% degli importi complessivi appaltati ed è quindi più alta delle forniture (40%) e dei lavori (45%). Sono ancora una volta gli appalti di maggiore importo e alcuni settori dove la qualità della prestazione è decisiva per il pubblico degli utenti (come la ristorazione) ad andare a gara, trainando il mercato più trasparente e concorrenziale. La sola differenza importante rispetto agli altri settori, sia lavori che forniture, è che nei servizi pubblici i settori speciali che usano la procedura negoziata si suddividono in misura uguale (6%) fra le procedura con e senza previa indizione della gara. Questo fa sì che il mercato "trasparente" (nel senso che ha forme di pubblicità preventiva adeguata) sale al 54%.
L'economia degli acquisti pubblici diventa sempre più informale. Anche negli appalti di forniture dilagano gli affidamenti diretti, le procedure negoziate e le altre forme di affidamento senza gara. In termini di importi, dalla piena operatività del codice 36, il 1° luglio scorso, l'ANAC ha assegnato Cig (codici identificativi di gara) per 29.157 milioni di euro e le gare in senso formale sono in tutto il 40,4%: il 24,9% a procedura aperta e il 15,5% a procedura ristretta. Per il restante 59,6% si avvicendano forme di affidamento senza una gara formale: la quota più consistente è quella che l'ANAC chiama affidamento diretto in adesione ad accordo quadro o a convenzione che totalizza il 27,4%. La quarta tipologia in ordine di importo è la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un avviso che fa il 12,4% del mercato complessivo. Quote più contenute per gli affidamenti diretti in senso stretto (8,7%), le procedure negoziate senza previa indizione di gara dei settori speciali (6%) e via via tutte le altre.
In Italia negli ultimi 11 anni si sono verificati circa 200 eventi alluvionali di dimensioni medie e grandi che hanno portato un totale di 160 vittime. Si è passati da una media di 16,6 eventi all’anno nel periodo 2013-2017 a una di 21,7 eventi all’anno nel periodo 2018–2023, con un incremento del 30,4%. Il numero di vittime è passato da 13,8 nel periodo 2013-2017 a 14,3 nel periodo 2018–2023, con ulteriore incremento del 3,9% nonostante il livello di partenza già alto. Queste cifre danno la dimensione di un fenomeno che si va intensificando e che bisogna affrontare con politiche adeguate, di prevenzione oltre che di risposta alle emergenze.
Settori speciali o settori esclusi dall'applicazione delle regole sugli appalti? La domanda può sembrare provocatoria, con riferimento ai settori dei trasporti, dell'acqua e dell'energia, ma a rinfocolare la polemica sulla poca concorrenza nel mercato pubblico sarà questo dato di ANAC che ha registrato - dal 1° luglio 2023 - 186 appalti per cui aziende operanti nei settori speciali hanno avviato una procedura negoziata senza previa indizione di gara. Il dato sorprendente è l'importo medio di queste opere che è di 21,21 milioni di euro, quindi grandi e grandissime opere. Siamo molto al di sopra della soglia europea di 5,3 milioni.