www.cresmedaily.it - Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

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Venerdì è stato presentato a Milano il Rapporto Cresme-Ance Lombardia sul mercato delle opere pubbliche nella regione.
L’ultimo monitoraggio della Camera dei Deputati, redatto dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità nazionale anticorruzione e il CRESME, definisce come centrato l’obiettivo di destinare una quota rilevante delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) al mezzogiorno del Paese. Nell’impianto del vasto piano, è stabilito che il 40% delle risorse complessive destinato al nostro paese debba confluire nelle regioni meridionali.
Una crescita del Pil 2023, in termini di volume, inferiore rispetto alle precedenti stime di marzo, +0,7% rispetto da +0,9%, e un miglioramento del rapporto deficit-Pil. L'attesa revisione dell'Istat, concordata in sede europea, tratteggia ora il nuovo quadro dei conti economici nazionali negli anni 2021-2023 che ora consentiranno di completare la stesura del nuovo Piano Strutturale di Bilancio di medio termine. Questa revisione con anno di riferimento il 2021, spiega l'Istituto di statistica, ha modificato in misura sensibile le stime dei livelli del Pil e dei principali aggregati negli ultimi anni, con un impatto tuttavia limitato sui loro tassi di variazione.
Aumentano gli occupati, su base congiunturale e tendenziale, diminuiscono i disoccupati, crescono gli inattivi. Si presenta così il quadro del mercato del lavoro nel 2° trimestre 2024, tratteggiato dai dati diffusi dall'Istat. Rispetto al trimestre precedente gli occupati in più sono 124 mila unità, +0,5%, a seguito della crescita di dipendenti a tempo indeterminato (+141 mila, +0,9%) e indipendenti (+38 mila, +0,7%) che ha più che compensato la diminuzione dei dipendenti a termine (-55 mila, -1,9%).
C'è la bassa produttività al centro dell'analisi economica contenuta nel Rapporto sulla competitività dell'Unione europea, consegnato ieri da Mario Draghi a Ursula von der Leyen. Già nelle prime pagine e nei primi grafici (riproduciamo qui quello più significativo alla pagina 4 del Rapporto) si considera la produttività il principale artefice della differenza di competitività fra l'Europa e gli altri due giganti economici del mondo, Stati Uniti e Cina. In particolare, la tesi sostenuta dal Rapporto è che "il 70% del gap nel prodotto interno lordo pro capite fra Stati Uniti ed Europa è spiegato dal basso livello della produttività europea".
Se è vero che nel decennio successivo alla crisi finanziaria si era assistito a un graduale fenomeno di accorciamento (geografico) delle catene di valore globali, alimentato dalla crescita delle politiche protezionistiche e dal reshoring (rimpatrio delle produzioni delocalizzate) - il picco si era avuto nel 2018 in piena guerra commerciale tra l’America di Trump e la Cina - oggi è chiaro come crisi sanitaria, crisi energetica e instabilità geopolitica stiano accelerando questo fenomeno. 
A meno di una settimana dall'approvazione del primo Piano strutturale di bilancio di medio termine (PSBMT), il documento previsto dal nuovo Patto di stabilità Ue da inviare a Bruxelles entro il 20 settembre che traccerà la traiettoria dell'economia italiana e dei conti pubblici nei prossimi sette anni, il dilemma numero uno per Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti non è come ridurre il debito ma come garantire un decente tasso di crescita del Pil (e le due cose, va da sé, coincidono). Perché finora si sono viste le ricette per affondarlo il Pil (vedi la campagna sul Superbonus davvero poco equilibrata) ma per farlo crescere ancora neanche una. E i dati pubblicati lunedì dall'ISTAT non lasciano di certo dormire sonni tranquilli.
Il problema della bassa produttività è uno dei problemi che ostacolano lo sviluppo economico del Paese. Non solo in Italia, le costruzioni sono riconosciute come uno dei settori più critici. I problemi nella gestione ottimale dei processi sono ben noti, con difficoltà legate alla definizione di tempistiche certe, all’alto costo dell’errore, agli sprechi di materiali e agli elevati costi di smaltimento; spesso questo si traduce in una scarsa qualità della posa in opera e in una difficoltosa gestione dei rischi operativi (infortunistici, burocratici, ambientali, di contenzioso, etc.).
Il settore immobiliare è una parte importante dell’economia nazionale; le sue dinamiche possono incidere significativamente sulle tendenze generali.
Come abbiamo visto nel precedente articolo, a partire dal 2008 il mercato europeo del recupero del patrimonio abitativo (intendendo per recupero l’insieme di manutenzione ordinaria e straordinaria) diventa la principale voce di spesa nell’ambito della produzione residenziale, con un divario rispetto agli investimenti per nuove abitazioni che va progressivamente ad aumentare, fino a rappresentare nel 2023 poco meno del 62% dell’output settoriale.