www.cresmedaily.it - Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

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Il contributo dei residenti stranieri al bilancio delle nascite in Italia è risultato decisamente rilevante. Nel corso degli ultimi venti anni il conto delle nascite da madri straniere ha fatto registrare 1,76 milioni di culle in più, il 17% delle nascite complessive, a fronte di una incidenza delle donne straniere sul totale delle donne in età fertile che non va oltre il 9%.  Valutando l’andamento in serie storica, tuttavia, si osserva che dopo una prima fase di crescita, che tocca il suo punto di massimo con le 102mila nascite del 2012, oltre il doppio di dieci anni prima, nel periodo successivo si evidenzia un sistematico calo, fino alle 73mila nascite del 2022.
Il 2023 verrà ricordato come l’anno del nuovo tracollo degli investimenti in edilizia abitativa. Un tracollo che è generalizzato nel vecchio continente (e non solo), ma mostra un’intensità particolare nei mercati nordici. In base agli ultimi dati del network Euroconstruct di dicembre, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia, che rappresentano il 9% degli investimenti in nuove abitazioni nei 15 paesi con dinamica in calo nel biennio 2023-2024, risultano essere responsabili di quasi un quarto del calo complessivo.
Banca d'Italia registra che "già nel 2022 il fenomeno dei mutui verdi era in rapida evoluzione". Lo ha detto il vicedirettore generale di Via Nazionale, Paolo Angelini, al convegno sui principi ONU per la finanza verde per la sostenibilità del settore immobiliare, delle infrastrutture e dei progetti di trasformazione urbana che si è tenuto giovedì scorso a Milano. Bankitalia stima, sulla base di una indagine svolta dalle filiali territoriali su 244 banche individuali, che il flusso dei mutui verdi sia stato nel 2022 pari a circa il 12% delle erogazioni totali di mutui.
Il traino PNRR riporta il rapporto fra investimenti fissi lordi e PIL a livelli da anni '80, con picco al 2025, quando il valore raggiungerà il 3,5%. Lo prevede il DEF 2024, approvato dal Consiglio dei ministri martedì 9 aprile e trasmesso dal MEF in Parlamento. Dal 2023 al 2027 questo rapporto non scenderà mai sotto il 3% (si veda il grafico), divenendo così uno dei dati salienti (e più stabili) dell'economia italiana dei prossimi anni.
Le imprese italiane consolidano gli spiragli di ottimismo che si erano affacciati nel 4° trimestre 2023 e migliorano le aspettative sulla condizione economica generale e sulle aspettative di business della propria azienda. Pesa la tensione nel Mar Rosso: un terzo delle imprese ha subito ritardi o rincari nell'approvvigionamento di input. Lo registra la consueta indagine trimestrale di Bankitalia sulle aspettative delle imprese su inflazione e crescita, effettuata con interviste ad aziende con oltre 50 dipendenti divise nei settori dell'industria in senso stretto, dei servizi e delle costruzioni. L'attesa sull'inflazione è di forte ridimensionamento sia a breve che a medio termine. Migliorano anche i giudizi sul credito e sulle condizioni per investire. Il settore delle costruzioni resta di gran lungo il più fiducioso. In particolare, sulle previsioni della domanda a tre mesi prevalgono di gran lunga quelli che la vedono in miglioramento: il saldo fra chi vede un miglioramento e chi vede un peggioramento è +39,4 (+1 per chi vede miglioramento, -1 per chi vede peggioramento, 0 per chi vede condizioni stabili). Le imprese edili vedono però prezzi alla produzione ancora più alti degli altri settori: +4,1%, in ribasso rispetto al +4,4% del 4° trimestre 2023, ma ancora molto più alto della media generale (2,5%).
Il Consiglio dei ministri ha approvato il DEF in versione leggera, in attesa di ricevere le linee guida della commissione UE sull'attuazione del nuovo patto di stabilità europeo: solo tendenziali senza il capitolo programmatico. L'ultima volta era successo nel passaggio di consegne da Draghi a Meloni.
Il nuovo scenario ambientale, caratterizzato da eventi critici, mostra con chiarezza come il peggioramento delle condizioni climatiche determini un aggravarsi dei danni che queste producono e dei costi che è necessario affrontare per intervenire post-eventi. In Italia dal 1944 a luglio 2023 si stimano danni prodotti da terremoti e dissesto idrogeologico per 358 miliardi. Tra 1944 e 2009 si sono spesi mediamente 4,2 miliardi di euro all’anno, dal 2010 al 2023 la spesa è salita a 6 miliardi. Ma mentre la spesa per riparare i danni degli eventi sismici è rimasta sui livelli storici (2,7 miliardi contro nel periodo 2009-2023 contro 3,1 del passato), quella per riparare ai danni del dissesto idrogeologico la spesa è triplicata passando da una media di 1 miliardo all’anno a 3,3 miliardi. 
Bankitalia ha diffuso le nuove previsioni 2024-2026, con un forte ridimensionamento dell'inflazione nel 2024 (da 1,9% a 1,3%), una sostanziale conferma delle previsioni del PIL nel triennio e un drastico taglio agli investimenti in costruzioni di 4,2 punti sulla variazione percentuale nel 2025 (da +1,7% a -2,5%) e di 2,5 punti sulla variazione 2026 (da +1,7% a -0,8%).
Sono stati pubblicati da ISPRA nel Quaderno Ambiente e Società 29/2023 i dati sul processo di adattamento delle città al cambiamento climatico. Sono 80 su 103 le città in Italia con popolazione superiore ai 60.000 abitanti che si sono impegnate a realizzare 248 progetti finalizzati ad aumentare la resilienza dei sistemi insediativi italiani rispetto ai rischi generati dai cambiamenti del clima. Questi progetti verranno realizzati grazie al primo “Programma sperimentale di interventi per l’adattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano”, approvato dal MITE nel 2021, con disponibilità finanziaria di 80 milioni da spendere entro fine 2024.
L’osservazione delle statistiche demografiche pone in evidenza un apparente paradosso, l’andamento della popolazione è in calo da oltre un decennio, mentre il numero di famiglie risulta ancora in crescita. Questa dinamica trova spiegazione nella riduzione della dimensione dei nuclei familiari, ed è un fenomeno antico, storicamente originato dalla transizione da un modello sociale tipico di una società agricola, con netta prevalenza di famiglie numerose, ad una moderna civiltà industriale, caratterizzata da bassa natalità e bassa mortalità.