www.cresmedaily.it - Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Un figlio in meno in un ventennio, la fecondità degli stranieri si riduce. Pesano evoluzione dei costumi e composizione per Paese di origine

Il contributo dei residenti stranieri al bilancio delle nascite in Italia è risultato decisamente rilevante. Nel corso degli ultimi venti anni il conto delle nascite da madri straniere ha fatto registrare 1,76 milioni di culle in più, il 17% delle nascite complessive, a fronte di una incidenza delle donne straniere sul totale delle donne in età fertile che non va oltre il 9%.  Valutando l’andamento in serie storica, tuttavia, si osserva che dopo una prima fase di crescita, che tocca il suo punto di massimo con le 102mila nascite del 2012, oltre il doppio di dieci anni prima, nel periodo successivo si evidenzia un sistematico calo, fino alle 73mila nascite del 2022.

L’incremento del numero di nascite, peraltro, anche nel primo decennio di forte crescita, è risultato sensibilmente inferiore all’incremento del numero di donne straniere in età fertile e, nel secondo decennio, il calo delle nascite risulta più accentuato rispetto a quello delle donne in età fertile.

 

Grafico 1 – Donne straniere in età fertile e nascite da donne straniere (Indice 2002=100)

Fonte: elaborazione CRESME su dati ISTAT

 

In definitiva, nell’ultimo ventennio la fecondità delle donne straniere ha registrato una forte riduzione, quantificabile in circa un figlio in meno per donna, dai 2,82 figli per donna del 2002, agli 1,86 del 2022. 

 

Grafico 2 – Tasso di fecondità totale per cittadinanza (valori x 1000 donne)

Fonte: elaborazione CRESME su dati ISTAT

 

Valutando l’indice di fecondità per età della donna, inoltre, si evidenzia una profonda modificazione del comportamento riproduttivo delle straniere, con una notevole riduzione delle nascite in età giovanile (fino a 28 anni), un fenomeno noto in letteratura, e generalmente interpretato come un processo di progressiva assimilazione al comportamento riproduttivo del paese ospitante. 

 

Grafico 3 – Tasso di fecondità per anno di età della donna (nascite x 1000 donne)

Fonte: elaborazione CRESME su dati ISTAT

 

Indubbiamente, l’integrazione in un contesto come quello italiano in cui la pianificazione familiare e la contraccezione rappresentano una pratica comune e diffusa, ha influenzato la riduzione dei tassi di fertilità tra le donne di origine straniera. A ciò si aggiunga l’assenza di una rete parentale di supporto alla maternità e la primaria necessità di allocare risorse ed energie verso l’affermazione professionale in un paese straniero, entrambe valide motivazioni per un posticipo della maternità. Anche le restrizioni legate a ruoli lavorativi impegnativi, come l’assistenza domiciliare a tempo pieno, frequentemente ricoperti da donne straniere, possono aver influenzato le decisioni relative alla procreazione.

 

Grafico 4 – Incidenza donne in età fertile per paese di origine (67% del totale)

Fonte: elaborazione CRESME su dati ISTAT

 

Tra i molteplici fattori che possono aver influito sulla riduzione della natalità, però, si tende a trascurare un dato strutturale, la profonda trasformazione della composizione etnica dei residenti stranieri nell’ultimo ventennio. 

A seguito dell’ingresso nel 2007 nell’area Schengen, infatti, la presenza di cittadini rumeni è divenuta nettamente prevalente, giungendo nel 2022 a rappresentare il 23,5% delle donne straniere residenti. Per altro verso, i più recenti eventi bellici hanno determinato un aumento significativo della presenza ucraina, che giungendo a rappresentare il 7,3% della popolazione femminile residente, rappresenta oggi la terza comunità straniera più numerosa. In definitiva, è aumentata in maniera significativa la presenza di donne straniere provenienti da paesi con tassi di natalità comparabili a quello italiano, specificamente, 1,3 figli per donna per Romania e 1,22 per Ucraina. 

Si è realizzato quindi un significativo cambiamento rispetto alla situazione del 2001, quando la composizione etnica era meno polarizzata, e la comunità la più numerosa era quella albanese, che rappresentava solo l’11,2% dei residenti stranieri, seguita da quella di origine marocchina, con il 10,5%, entrambi paesi caratterizzati da tassi di natalità decisamente superiori a quelli italiani, rispettivamente 2,06 e 2,38 figli per donna.

 

Grafico 5 – Tasso di fecondità totale nei paesi di origine (TFT media 2005-2010)

Fonte: elaborazione CRESME su fonti varie

 

Per quantificare l’impatto sulla fecondità delle trasformazioni etniche, abbiamo calcolato il tasso di fecondità della popolazione straniera complessiva all’inizio e alla fine del periodo in esame, applicando ad ogni nazionalità presente il tasso di fecondità del paese di origine, pari al valore medio del periodo 2005-2010. Assumendo sempre lo stesso valore di fecondità, quindi, solo per effetto della diversa composizione etnica, si è osservato un declino del tasso di fecondità totale, che passa dai 2,04 figli per donna del 2001, agli 1,86 del 2022. Questi dati confermano che le variazioni nella composizione etnica hanno avuto implicazioni significative sulla riduzione complessiva della fecondità dei residenti stranieri in Italia.

 

Grafico 6 – Tasso di fecondità totale calcolato in base al valore dei paesi d’origine

Fonte: elaborazione CRESME su fonti varie