www.cresmedaily.it - Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Relazione Bankitalia: gli investimenti in costruzioni hanno pesato di 1,2 punti sull’aumento del PIL (+4%) nel 2022 e di 0,3 punti nel 2023 con il PIL a +0,9%

Nel 2022 il contributo degli investimenti in costruzioni alla crescita è stato di 1,2 punti percentuali sui 4 totali di variazione positiva del PIL. A questa crescita avevano contribuito le esportazioni per 3,3 punti, la domanda interna di famiglie e Pa per 4,7 punti e gli investimenti delle imprese per 0,6 punti, mentre importazioni e variazione delle scorte avevano avuto un effetto negativo rispettivamente per 3,9 e 0,2 punti. Lo sostiene Bankitalia nella sua Relazione annuale, che nella tavola 4.1 della pagina 51, si sofferma poi sull’analisi del 2023, quando il PIL è cresciuto dello 0,9 per cento. “Sulla netta decelerazione rispetto al 2022 – scrive Via Nazionale - hanno inciso l’esaurirsi del recupero delle attività più colpite dalla pandemia, la debolezza della domanda mondiale e le condizioni monetarie più restrittive”.

Sulla crescita del Pil  le importazioni stavolta hanno giocato in positivo per 0,2 punti percentuali, mentre si sono fortemente contratte sia la domanda interna (+0,7 punti) sia le esportazioni (appena +0,1 punti) e si è accentuato il ruolo negativo delle scorte (-1,3 punti). Nonostante il rallentamento da +1,8 punti a +1 sono stati comunque gli investimenti il motore di crescita più forte, stavolta con una componente proporzionale maggiore degli investimenti delle imprese (da +0,6 a +0,7) rispetto al ruolo delle costruzioni (+0,3), comunque pesante in termini relativi.

Il rallentamento del commercio internazionale, segnala Bankitalia, ha particolarmente influenzato la dinamica dell’industria in senso stretto, “per la quale il valore aggiunto è diminuito dell’1,1 per cento (-0,5 nel 2022)”; il calo è stato maggiore nelle produzioni a più alta intensità energetica. “Si è attenuata – continua la Relazione annuale – la ripresa nei servizi (all’1,6 per cento dal 4,8), per la minore spinta proveniente dal comparto turistico-ricreativo e per la riduzione della domanda legata alla flessione dell’attività industriale. Il valore aggiunto ha continuato invece a espandersi nei servizi immobiliari e di consulenza tecnico-professionale, oltre che nel comparto delle costruzioni (al 3,9 per cento, da oltre il 10 nel 2022): questi settori hanno maggiormente beneficiato delle misure di spesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e degli incentivi per la riqualificazione e il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici”.

Nonostante il rallentamento della crescita, fa notare Bankitalia, il risultato finale è stato comunque maggiore delle aspettative. Ancora una volta è il ruolo degli investimenti ad avere il peso più rilevante. “La crescita del prodotto nel 2023 – sottolinea la Relazione annuale – è risultata superiore di 0,4 punti percentuali rispetto a quella prevista, soprattutto per l’apporto degli investimenti: nello specifico, su quelli in macchinari e attrezzature avrebbe inciso principalmente una riduzione dell’incertezza. A quest’ultima si sono accompagnati una sostanziale stabilità del clima di fiducia e l’utilizzo delle agevolazioni nell’ambito del programma Transizione 4.0. Gli investimenti in costruzioni – continua Via Nazionale – hanno beneficiato in misura superiore alle attese dei generosi incentivi al miglioramento dell’efficienza energetica (Superbonus). L’impulso di questi fattori agli investimenti si è tradotto in un contributo di 0,7 punti percentuali alla maggiore crescita del prodotto nei dati a consuntivo rispetto a quanto atteso; tale contributo ha largamente compensato quello derivante dall’impatto negativo (-0,1 punti percentuali) di tassi di interesse più elevati rispetto alle attese”.

Sull’andamento più favorevole del PIL avrebbe inciso inoltre, per 0,2 punti percentuali, una discesa dei prezzi dei beni energetici più accentuata di quanto atteso all’inizio dell’anno, soprattutto per quanto riguarda il gas naturale. “Le minori pressioni inflazionistiche che ne sono derivate si sono riflesse positivamente sul prodotto, contenendo la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie e quindi l’effetto negativo sui consumi”.