Dal 2021, prima della diffusione su larga scala del processo inflattivo generale, si osservano i primi aumenti dei prezzi alla produzione nelle costruzioni nei principali paesi europei, ma tassi importanti si registrano solo in Ungheria, Italia e Irlanda. Nel 2022, con intensità diversa, il fenomeno è ben più diffuso, ma sono soprattutto i paesi dell’Europa dell’est a registrare i maggiori incrementi, insieme alla Germania.
Nel 2023 il processo tende a normalizzarsi, ma i livelli lasciati sul mercato sono molto alti: rispetto al 2019 in nove paesi su 18 aderenti a Euroconstruct (manca la Spagna per cui l’informazione non è disponibile) il livello dell’indice dei prezzi alla produzione delle costruzioni supera del 30% quello pre-crisi pandemica. L’indice dei prezzi alla produzione delle costruzioni misura la variazione nel tempo dei prezzi dell’edilizia (residenziale e non residenziale, e del genio civile) di nuova costruzione che si formano nella transazione tra l’impresa edilizia (parte venditrice) e il committente (impresa acquirente o altro soggetto diverso dall’acquirente).
L’Italia si colloca in decima posizione per ampiezza del gap, di poco inferiore al +28%, superata, tra i grandi paesi, dalla Germania. Fuori scala il caso dell’Ungheria (+71,3%)
In pressoché tutti i paesi l’inflazione nelle costruzioni è stata di gran lunga superiore all’aumento dei prezzi al consumo a motivo della fortissima impennata registrata nel 2022, quando alle pressioni derivanti dalle strozzature sulla catena di approvvigionamento, si è aggiunto il balzo dei prezzi delle materie prime, legno, acciaio e cemento fra tutte, e poi dell’energia. In base alle stime dello scorso giugno del network Euroconstruct, l’aumento del prezzo alla produzione delle costruzioni in Italia è stato del 3,4% nel 2023, dopo il +10,8% del 2022 ma soprattutto dopo il +11% del 2021, quando solo in altri due paesi cresceva di pari entità.