Perché l’adozione del modello francese – scelta compiuta dal tavolo al ministero delle Infrastrutture coordinato dal viceministro Edoardo Rixi – dimostra che finalmente il sistema, tutto il sistema, pubbliche amministrazioni, stazioni appaltanti, imprese e politica, ha capito a fondo l’importanza di un istituto che in modo trasparente e in tempo quasi reale (mensilmente o trimestralmente) adegua per l’80% il prezzo dell’opera alle variazioni di costi intercorsi. Il 20% resta un’alea di rischio a carico dell’impresa. Ovviamente alla base dell’adeguamento devono esserci condizioni oggettive.
Con il vecchio modello fondato sull’adeguamento del costo per un numero limitato di opere-tipo, niente affatto rappresentativo dell’intero mondo dei lavori pubblici, la revisione prezzi era considerata, in sostanza, una sorta di regalo all’appaltatore per evitare che pagasse un prezzo eccessivamente alto in periodi di inflazione elevata. Un salvagente per le imprese, non una misura sistematica e giusta da applicare con coerenza a ogni tipo di lavorazione, in maniera pulita e neutra, riducendo al massimo la discrezionalità amministrativa della stazione appaltante.
Questo fa invece il modello francese sposato dalla legislazione italiana. E che la strada al modello francese l’avesse aperta proprio il codice 36 nell’indicazione del principio, per quanto incompleto, è confermato dal fatto che la revisione prezzi si applicherà verso l’alto e verso il basso, in caso di aumento ma anche di riduzione dei costi dell’opera. Si azzera la possibilità per l’impresa di lucrare sulle variazioni di costo, così come si evita di caricargli addosso oneri impropri non dovuti alla sua responsabilità.
L’ulteriore passaggio per capire il cambiamento culturale sta proprio nella scelta delle 21 lavorazioni che consentiranno di mappare in sostanza tutta l’attività compresa in un appalto di lavori (sono fuori alcune lavorazioni specialistiche per cui andrà adottata una soluzione).
Ogni opera sarà composta da alcune di queste lavorazioni, secondo un peso nel quadro economico che spetterà al progettista (e a chi altri sennò?) individuare. L’indice di variazione del costo dell’opera sarà solo per quell’opera, perfettamente ritagliato tenendo insieme la composizione più adatta delle lavorazioni.
Il lavoro non è finito ma le svelte di questi mesi, di queste settimane e di questi ultimi giorni sono davvero importanti. C’è da lavorare per far diventare questi 21 titoli delle declaratorie complete. Ma stiamo vivendo un passaggio che davvero potrebbe farci entrare nell’età adulta dei lavori pubblici, dal lato delle imprese e da quello delle stazioni appaltanti. Potrebbe partire da qui la fine di quel modello di opera pubblica fondato sull’aumento dei costi e sulla dilatazione dei tempi che il CRESME per primo aveva denunciato.