www.cresmedaily.it - Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

L’effetto-leva di 1 a 4 nel PPP della rigenerazione urbana incentivata francese: un modello utile per l’Italia del dopo-2026

I numeri del Programma nazionale di rigenerazione urbana nella prima edizione (PNRU): 12 miliardi di euro investiti che hanno attivato 600 interventi, 540mila posti di lavoro e 50 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi, in gran parte privati. Il perno della strategia è l'Agenzia nazionale per la rigenerazione urbana (ANRU) che ha coordinato anche il secondo programma (NPNRU) con altri 12 miliardi da investire fino al 2030 ma una maggiore attenzione alla riqualificazione sociale dei quartieri. In Europa anche i casi di Amburgo, Nantes e Barcellona confermano la grande potenzialità delle partnership fra pubblico e privato nella rigenerazione urbana. In Italia da una prima valutazione ex-ante, non è stato trascurabile l'effetto leva degli interventi generati dal bando del 2016 sulla riqualificazione urbana e la sicurezza nelle periferie delle città metropolitana e nei capoluoghi di provincia.

Nel  Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza presentato alla Commissione Europea nel 2021 il Governo italiano scrive che le valutazioni di impatto effettuate sulle eccezionali risorse che verranno utilizzate riguardano solo “la valutazione degli effetti diretti del Piano”. “Di conseguenza, ed in via prudenziale, – si scrive – non si tiene conto esplicitamente della possibilità che i fondi del PNRR vengano utilizzati per sostenere oppure attrarre investimenti privati attraverso il mercato, ad esempio tramite forme di partenariato pubblico-privato, contributi a progetti di investimento, prestiti o garanzie. In tal caso l’impatto sarebbe stato ben maggiore per l’operare di un effetto leva”. Una scelta prudente ma che evidenzia l’esigenza di riflettere su quali avrebbero potuto essere le potenzialità di un moltiplicatore attivato da risorse integrative, un “effetto leva” sulla base del quale avviare ulteriori linee di intervento senza lasciarle semplicemente al mercato.

I numeri, lo sappiamo, sono molto grandi. Se al di là dell’impatto diretto della spesa sull’economia e sull’occupazione, si fosse lavorato per innescare un virtuoso ciclo di investimenti privati, le potenzialità dell’impatto economico sarebbero cresciute significativamente, così come la possibilità di far fare un salto competitivo al sistema economico del nostro Paese anche dopo che sarà superata l’attuale stagione della mobilitazione straordinaria di ingenti risorse pubbliche. E del resto la situazione cambierà rapidamente dopo il 2026 (o 2027, se ci sarà un anno di proroga).

Vale la pena di sottolineare che le esperienze europee di rigenerazione urbana insegnano che nelle città gli investimenti privati in partnership con quelli pubblici possono avere un effetto moltiplicativo di grande rilievo, e con molti meno rischi di quelli dimostrati nei progetti riguardanti le grandi infrastrutture a rete.  Le città sono per loro natura un mix di beni pubblici e beni privati, di infrastrutture pubbliche e private, di investimenti pubblici e privati, di interessi pubblici e privati che possono essere portati a sistema e valorizzati all’interno di nuovi strumenti di intervento.

La descrizione di esperienze concrete maturate dimostra quale possa essere il reale impatto di questo “effetto leva” nelle politiche di rigenerazione urbana. Ad esempio, nei 157 ettari di Haffen City – la nuova città che si sta realizzando ad Amburgo (la vision iniziale è del 1997, l’ultimazione dei lavori è attesa per il 2025) – è previsto un investimento pubblico di 2,4 miliardi di euro – di cui 1,5 miliardi rappresentati dal fondo speciale gestito dal HafenCity Hamburg GmbH (HCH), la società pubblica che gestisce la realizzazione dell’intervento – che sono stati in grado di attivare 8 miliardi di euro di investimenti privati. Oppure il progetto ventennale della rigenerazione di 350 ettari dell’Île de Nantes che, iniziato nel 2003 e previsto in conclusione nel 2037, presenta  un investimento di 1,1 miliardi di euro e investimenti privati tre volte superiori. O, ancora, il progetto 22@ a Barcellona che ha previsto la trasformazione di 198 ettari dell’area industriale del Poblenou in un distretto dell’innovazione: il progetto, avviato nel 2000 con 180 milioni di euro di investimenti per la realizzazione di una rete di servizi da smart city, è oggi ancora in corso, ma ha già generato un potenziale immobiliare valutato in 12 miliardi di euro e creato solo dal 2000 al 2010 56.000 posti di lavoro e l’insediamento di 4.500 nuove imprese. Sono solo tre esempi di un insieme sorprendente di investimenti e trasformazioni che hanno interessato e stanno interessando le città europee negli anni 2000 e che bene descrivono la potenzialità della rigenerazione urbana.

Ma l’esempio più chiaro rispetto al quale fare riferimento riguarda la politica nazionale francese: avviato nel 2003 con il Programme National pour la Rénovation Urbaine (PNRU), è diventato operativo dal 2004, con un arco temporale di azione previsto in 16 anni, avviando un’azione senza precedenti per la storia francese nel campo della rigenerazione urbana e della trasformazione dei quartieri urbani più fragili del Paese (ZUS-Zones Urbaines Sensibles).

È stata una politica ambiziosa e senza precedenti che si è data l’obiettivo di riabilitare centinaia di quartieri urbani nei quali si manifestavano pesanti criticità sociali, economiche, urbane, edilizie. Gli interventi previsti con il piano hanno riguardato l’edilizia abitativa, le strutture pubbliche e lo sviluppo socio economico urbano. La realizzazione del programma è in capo all’Agence Nationale pour la Rénovation Urbaine (ANRU), costituita appositamente nel 2004. L’Agenzia fornisce il sostegno finanziario ai comuni, agli enti pubblici ma anche a enti privati ​​o pubblici che sviluppano e realizzano, nell’ambito di progetti globali, gli interventi di riqualificazione urbana nelle ZUS e nei quartieri che presentano le difficoltà socio-economiche

L’ANRU è in sostanza la responsabile della sperimentazione, del finanziamento e della gestione del PNRU, che viene dotato di oltre 12 miliardi di euro di risorse per interventi sovvenzionati. “Molto rapidamente – si scrive nella descrizione delle attività dell’ANRU – centinaia di siti di demolizione e ricostruzione di alloggi sono stati avviati in tutta la Francia. I quartieri iniziano a cambiare”. La sintesi dell’attività, durata dal 2014 al 2020, è descritta da alcuni numeri (Tabella 1): 600 interventi, che hanno interessato 4 milioni di persone, attivato 50 miliardi di euro di altre risorse, in gran parte private, 540.000 posti di lavoro; demoliti 160.000 alloggi pubblici degradati e costruiti 180.000 nuovi alloggi sociali in affitto, riqualificati 340.000 alloggi e 80.000 alloggi costruiti e messi in vendita; inoltre sono state costruite 520 nuove scuole. Ma soprattutto sono stati avviati interventi di sostegno alle famiglie e di riqualificazione degli spazi pubblici. La valutazione dell’effetto leva dell’investimento contenuta nei documenti dell’ANRU è importante, e conferma quanto abbiamo visto è successo negli esempi dei piani di rigenerazione delle città alle quali abbiamo accennato sopra. Il rapporto tra risorse investite e risorse attivate è di 1 a 4.

Il PNRU avviato nel 2004 è stato ultimato nel 2020, ma già nel 2014 il governo francese, nell’ambito della legge urbanistica per la città e la coesione urbana, visti i successi del primo piano, ha avviato la creazione del Nuovo Programma Nazionale per il rinnovamento urbano (NPNRU), sempre guidato dall’ANRU.

Le risorse sono sempre 12 miliardi di euro da investire in 16 anni, 2014-2030, e hanno per obiettivo 450 quartieri da riqualificare. Rispetto al PNRU, il NPNRU è più attento ai temi della riqualificazione sociale dei quartieri, punta alla stimolazione di nuove attività economiche, alla riqualificazione degli spazi e delle attrezzature pubbliche, anche se l’intervento sugli alloggi e sugli edifici resta una delle azioni più rilevanti. Il successo del PNRU ha poi portato l’ANRU a sviluppare anche altre due tipologie di azioni riguardanti la rigenerazione urbana: il primo è costituito dal “Programme national de requalification des quartiers anciens dégradé”, avviato nel 2009; il secondo, “Programme d’Investissements d’Avenir” (PIA),  è stato istituito nel 2010 per finanziare investimenti innovativi e promettenti nel territorio, al fine di consentire alla Francia di aumentare il proprio potenziale di crescita e occupazione nei nuovi lavori del futuro: tecnologie digitali, ricerca medica e industrie sanitarie, energie a basse emissioni di carbonio, agricoltura responsabile, mobilità sostenibile, smart city, educazione digitale, industrie culturali e creative, ecc. La PIA si basa su un duplice principio di leva finanziaria e condivisione del rischio: l’investimento statale in un progetto di innovazione è il più delle volte cofinanziato da partner privati ​​o pubblici. Dall’avvio della PIA, lo Stato ha cofinanziato diverse migliaia di progetti innovativi. Nel 2020 il piano è stato rifinanziato con 20 miliardi di euro.

Per quanto riguarda il nostro Paese l’elemento più concreto che può essere utilizzato per valutare la capacità di attivazione di investimenti aggiuntivi riguarda l’analisi dei progetti presentati dai comuni italiani a seguito della pubblicazione nel 2016 del bando per la “Riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia” . Come è noto il bando prevedeva l’allocazione iniziale di 500 milioni di euro da assegnare a cinque tipologie di interventi: progetti di miglioramento del decoro urbano, progetti di riuso e rifunzionalizzazione di strutture e aree esistenti, progetti per la sicurezza del territorio, progetti per il potenziamento dei servizi e del welfare, progetti per la mobilità sostenibile.

Per rimanere alla valutazione ex-ante, comuni e città metropolitana hanno presentato 120 progetti, per un ammontare complessivo di due miliardi e 61 milioni di euro. Dei 120 progetti 107 sono stati presentati da comuni e 13 dalle Città metropolitane. Considerando i 348 comuni interessati dai progetti delle Città metropolitane, i comuni interessati nel complesso sono stati 445 per una popolazione interessata pari a 22.913.218 abitanti.

Pur considerando la sostanziale differenza data dal fatto che nel caso francese si tratta di un’esperienza conclusa e misurata ex-post, mentre per la situazione italiana si tratta di una situazione che si può considerare in avvio, un confronto pur sintetico, come quello operato nella tabella 1 delle due politiche, può essere utile. La dimensione media per progetto è stata di 20 milioni di euro in Francia e di 17 milioni di euro in Italia, ma se si prende in considerazione l’universo dei primi 24 progetti attivati in Italia, il valore medio dell’intervento sale a 48,3 milioni di euro. Una differenza ben più significativa emerge dalla capacità di attivazione di risorse aggiuntive da parte dell’investimento statale: in Francia il moltiplicatore è pari a 4, in Italia 1,9 nel caso dei 120 progetti, e di 2,3 nel caso dei primi 24 progetti. È certo necessaria un’analisi più approfondita sulle diverse performance, ma anche in Italia si registra un effetto leva non trascurabile.

Tabella 1.  Comparazione interventi di rigenerazione urbana Francia e Italia

Investimento (milioni di €) Leva

(b)/(a)

Progetti

(numero)

Media intervento

(milioni)

Statale

(a)

Totale (pubblico e privato) (b)
Francia 12.000 50.000 1:4,0 600 20,0
Italia (120 progetti totali) 2.061 3.881 1:1,9 120 17,1
Italia (primi 24 progetti) 502 1.158 1:2,3 24 48,3

Fonte: Elaborazione CRESME su dati ANRU per la Francia; su dati Corte dei Conti per l’Italia

In sostanza lo spazio per lo sviluppo di nuovi modelli di Partenariato Pubblico-Privato da avviare attraverso programmi di rigenerazione urbana nelle città italiane post pandemia ci sembra uno dei grandi temi da impostare oggi per la stagione che verrà dopo il 2026. Una stagione in cui le risorse pubbliche saranno molto meno importanti rispetto a quelle fuori scala di oggi e che vede nelle città i luoghi in cui appare più facile l’integrazione tra risorse pubbliche e risorse private. Così come in questo contesto andrebbero inserite politiche di natura fiscale. Certo un nuovo pensiero legislativo sul PPP è necessario.