Per ora possiamo dire che il PNRR rivisto comporta maggiori investimenti per 22,74 miliardi. Per finanziarli, 2,76 miliardi sono arrivati dalla crescita della quota di Next Generation EU all’Italia per 2,9 miliardi, 10,42 miliardi dai risparmi derivanti dallo stralcio di progetti dal PNRR, altri 9,42 miliardi dal decreto legge 19. E’ un quadro di sintesi efficace di come sia andata la revisione del PNRR e di quale sia stato il primo obiettivo del decreto legge 19: recuperare risorse per gli anticipi ai nuovi progetti inseriti nel PNRR. Aggiungiamo che gli investimenti del PNRR sono passati da 286 a 307, 22 dei quali sono gli investimenti della nuova Missione 7 Repower Eu.
La principale verità nascosta sta in quei 10,42 miliardi di progetti stralciati. Dal testo e dalla Relazione tecnica è possibile comprendere che – contrariamente alle assicurazioni del Governo – per ora solo progetti per 3.443 milioni sono stati rifinanziati con fondi che hanno un nome e un cognome, ben identificabili. Di questi progetti rifinanziati la quota più grande e più importante è quella dei Piani Urbani Integrati (PUI) che incassano subito i 1.594 milioni necessari per riportare il finanziamento allo status quo ante PNRR.
Dalla lettura accurata di decreto legge e Relazione tecnica non si hanno certezze sul rifinanziamento degli altri 7 miliardi di progetti “nuovi” definanziati dal PNRR per cui evidentemente vanno cercati fondi nel bilancio nazionale. In alcuni casi il governo si è già attivato, come è successo per la ferrovia Roma-Pescara, finanziata dieci giorni fa da una decisione del CIPESS. Si può supporre che gli interventi ferroviari – per esempio la circonvallazione di Trento o la Palermo-Catania – pescheranno risorse nei contratti di programma di RFI, ma di più al momento non si può capire. Buio fitto, a maggior ragione, per interventi che non hanno neanche l’ancoraggio a un gruppo “ricco” come Fs. Solo per fare qualche esempio: tecnologia fotovoltaica (500 milioni), Piano Italia 1 Gbps (300 milioni), piano 5G (900 milioni), garanzie per PMI del turismo (300 milioni). Non è escluso che alcuni di questi progetti considerati strategici possano essere rifinanziati con i risparmi, che si annunciano corposi, del Piano nazionale complementare.
C’è poi un’altra quota di 10,6 miliardi di progetti definanziati dal PNRR: sono i cosiddetti “progetti in essere”, cioè preesistenti al PNRR con un proprio finanziamento. Il decreto legge 19 si limita a disporre che questi progetti tornino a gravare sui fondi del bilancio nazionale da cui in origine erano stati finanziati (fondi che prudentemente la Ragioneria non ha mai cancellato né ridestinato). Fra questi progetti la quota (6 miliardi) degli interventi comunali di resilienza, valorizzazione territoriale ed efficienza energetica.
Infine c’è il Piano nazionale complementare, vera vittima sacrificale del “gioco delle tre carte” che il Governo svolge in misura massiccia con questo decreto legge 19, spostando centinaia di poste in bilancio non solo nello spazio, ma anche nel tempo. ANCE ha calcolato che il 70% delle coperture necessarie per alimentare questo gioco arrivano da altre opere infrastrutturali presenti o future che vengono quindi messe a terra.
E’ lo stesso destino che subiranno le opere del PNC per cui già ad aprile si avrà un primo corposissimo taglio delle opere non ancora appaltate. Il monitoraggio, con conseguente esclusione delle opere in ritardo, andrà avanti di sei mesi in sei mesi. I nuovi cronoprogrammi potranno rallentare questo svuotamento del PNC ma il primo taglio dovrebbe già avvicinarsi ai 10 miliardi su 30,6, considerando che l’ultima relazione della Ragioneria evidenzia che soltanto il 36% degli obiettivi sono stati conseguiti. Prioritariamente le risorse recuperate dagli stralci delle opere PNC dovranno andare a ricostituire i 6.682 milioni che il Fondo sviluppo coesione ha prestato all’operazione di revisione del PNRR.