Questo quadro trova conferme significative nel confronto con le più recenti stime dell’ISTAT. Il dato provvisorio sulla popolazione residente al 31 dicembre 2024, diffuso dall’istituto, si discosta dalla previsione CRESME di appena lo 0,1%, pari a 56 mila abitanti. Una coincidenza che rafforza l’affidabilità del modello demoSI, capace di intercettare con precisione la dinamica demografica reale. Il nuovo scenario previsionale ISTAT, aggiornato a luglio 2025 e costruito anch’esso sull’anno base 2023, converge in maniera evidente verso le curve CRESME, riducendo sensibilmente gli scostamenti che caratterizzavano la precedente edizione. Nel 2043 la distanza tra gli scenari mediani dei due modelli è dell’1,1%, mentre al 2053 il differenziale si attesta al 3,2%, inferiore a quello stimato dalla versione ISTAT precedente. L’allineamento non è perfetto, ma la tendenza è chiara: il modello ufficiale nazionale si avvicina alle ipotesi più prudenti e realistiche già individuate dal CRESME, riconoscendo implicitamente la solidità delle sue basi metodologiche.
La credibilità di DemoSI-CRESME deriva anche dai suoi progressi tecnici. La versione 2.0 del sistema previsionale, oggi in uso, integra serie storiche ISTAT aggiornate, algoritmi più robusti e, soprattutto, una matrice origine-destinazione in grado di rappresentare con precisione i flussi migratori interni tra province e comuni. Questo consente simulazioni puntuali sull’evoluzione di natalità, mortalità e migrazioni, con una disaggregazione per età, sesso, cittadinanza e composizione familiare, restituendo per ogni comune italiano un quadro coerente e completo su un orizzonte trentennale. È un impianto modellistico avanzato, in grado di anticipare effetti territoriali, pressioni sui servizi pubblici e impatti sulle politiche abitative, sanitarie, scolastiche e infrastrutturali.
Nuclei familiari sempre più piccoli
Se la popolazione si riduce, le famiglie continuano per ora ad aumentare. Tra il 2013 e il 2023 sono passate da 24,9 a 26,56 milioni, grazie allo sviluppo di modelli sociali più frammentati: più persone vivono sole, aumentano le separazioni, crescono le coppie senza figli e gli anziani soli, mentre la popolazione straniera introduce forme di convivenza più variate. Le proiezioni CRESME indicano che la crescita proseguirà fino al 2033, quando il numero dei nuclei familiari potrebbe raggiungere tra 27,6 e 28 milioni. Da quel punto in avanti, però, la curva si inverte. Il progressivo indebolimento della base demografica e la diminuzione dei giovani adulti porteranno, tra il 2035 e il 2040, a una fase di rallentamento prima e di contrazione poi, con una stima al 2053 compresa tra 25,2 e 27,1 milioni di famiglie.
La chiave interpretativa è la dimensione media dei nuclei. Oggi pari a 2,22 componenti, è destinata a scendere rapidamente fino a 2,01 nel 2043 secondo lo scenario mediano CRESME. L’Italia si muove verso una società fatta di famiglie sempre più piccole. Le implicazioni sul mercato abitativo sono immediate, fino alla metà del prossimo decennio la domanda di alloggi sarà sostenuta dall’aumento dei nuclei, ma orientata verso soluzioni di piccole dimensioni, più flessibili e adattabili, come monolocali, bilocali e abitazioni pensate per anziani e single. Nel lungo periodo, invece, con la contemporanea diminuzione sia della popolazione sia delle famiglie, la pressione sulla domanda abitativa tenderà a ridursi, con possibili fenomeni di sovra-offerta in territori meno attrattivi.
Il confronto tra CRESME e ISTAT sulle famiglie mostra differenze più marcate rispetto a quanto emerso per la popolazione. ISTAT parte nel 2023 con una sottostima di oltre 84 mila nuclei rispetto ai valori reali, e questo scarto iniziale si riverbera sulle proiezioni successive. Nel 2033, lo scenario mediano ISTAT prevede 27,10 milioni di famiglie, contro i 27,81 milioni stimati dal CRESME; nel 2043 la distanza si riduce ma rimane significativa. La divergenza scaturisce da ipotesi diverse sulla velocità del processo di frammentazione familiare. Il CRESME prevede una riduzione più rapida della dimensione media, perfettamente in linea con le tendenze storiche degli ultimi vent’anni, mentre ISTAT adotta una lettura più conservativa e immagina nuclei leggermente più numerosi. Questo produce un numero inferiore di famiglie a parità di popolazione e comporta una possibile sottostima della domanda abitativa futura, soprattutto nelle aree urbane e nei territori con elevata mobilità sociale e lavorativa.
Scenario previsionale delle famiglie residenti in Italia secondo CRESME ed ISTAT

Fonte: DemoSI-CRESME su dati ISTAT * Dato censuario al 2011 e stima per interpolazione con dato rilevato al 2019.

