La versione completa del DEF, che conterrà le proposte di piano di rientro da presentare a Bruxelles, dovrà essere varato entro il 20 settembre. Il DEF di ieri registra alcuni scostamenti dalla NADEF di aprile. Sulla crescita l’ottimistico 1.2% per il 2024 è stato ridotto all’1%. Nei prossimi anni la previsione del PIL resterà nei paraggi: +1,2% nel 2025, +1,1% nel 2026 e +0,9% nel 2027.
Il dato politicamente più rilevante è probabilmente quello che riguarda l’indebitamento netto che passa da -4,3% del 2024 a -3,7% nel 2025, con una riduzione, in un colpo solo, di 6 decimi di punto percentuale, circa 13 miliardi. Il responsabile economico di Italia Viva, Luigi Marattin, ipotizza che il governo, mentre promette il rinnovo del taglio del cuneo per il 2025, inserisce nei tendenziali proprio l’ipotesi che il taglio non ci sia e le tasse aumentino. Sulla stessa posizione il responsabile economico del PD, Antonio Misiani. Detto, in altri termini, sono questi 13 miliardi quelli da cui dovrà partire la manovra post-elettorale necessaria per rimettere in sesto il bilancio e mantenere le promesse fiscali (ci sarebbe anche da confermare la riduzione a tre aliquote dell’IRPEF, limitata al 2024).
L’altro dato sensibile è ovviamente il debito che non avrà la riduzione ipotizzata della NADEF e anzi crescerà “per colpa del Superbonus”, dice il ministro dell’Economia Giorgetti, da 137,8% del 2024 a 138,9% del 2025 e a 139,8% del 2026, per poi cominciare a scendere nel 2027 quando è previsto che si attesti a 139,6%. Occorre ricordare però che questi sono previsioni tendenziali e anzi Giorgetti ha spiegato che con la parte programmatica a settembre si punterà a ripristinare i più ambiziosi obiettivi di finanza pubblica (soprattutto il disavanzo) già ipotizzati dalla NADEF in base agli impegni assunti con Bruxelles.