Cascetta lo ha spiegato presentando a Roma lo studio “La rivoluzione della mobilità sostenibile parte dalle autostrade sicure, digitali, decarbonizzate” (edita dal Sole 24 Ore), frutto del lavoro di un gruppo di ricerca cui hanno partecipato personalità di Aspi, Eni, Politecnico di Milano, Università Federico II, Università Guido Carlo Luiss, Cdp, Enea, Cnr. Un’alleanza che ha per obiettivo ridiscutere alcuni baluardi della politica europea di decarbonizzazione nel settore della mobilità.
“Le politiche attuali – ha spiegato Cascetta – non consentono di raggiungere in pochi anni gli ambiziosi obiettivi fissati dalla UE”. Il riferimento è alle due politiche principali perseguite oggi da Bruxelles e largamente sopravvalutate, secondo la ricerca, per risultati attribuiti: 1) il trasferimento dalla gomma alla rotaia di passeggeri e merci, che va perseguito con tenacia, dice Cascetta, ma richiederebbe un aumento dei passeggeri trasportati dal vettore ferroviario del 700% e delle merci del 1100% per avvicinarsi agli obiettivi Ue; 2) l’incentivazione della sola auto elettrica che – per centrare risultati significativi – dovrebbe vedere aumentare il parco di vetture circolanti dalle attuali 400.000 a 6,3 milioni nel 2030, mentre si potrà realisticamente arrivare a 2,9 milioni.
Obiettivo dello studio è “deideologizzare” gli scenari disegnati a Bruxelles sull’evoluzione della mobilità che producono aspettative più ottimistiche di quanto dica la ricerca. In particolare, l’Unione europea sopravvaluta il ruolo dell’auto elettrica nel perseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030 e al 2050 perché conteggia soltanto le emissioni prodotte dallo spostamento dell’auto (tank-to-wheel). Se si considerano anche le emissioni necessarie per la produzione del carburante (well-to-tank), i numeri cambiano considerevolmente e le emissioni dell’elettrico si avvicinano a quelli delle vetture a combustibili fossili.
L’auto elettrica non basta, quindi. “Nessuna politica, da sola, consente di raggiungere obiettivi ambiziosi come quelli previsti dalla UE. Bisogna agire su più fronti, senza trascurare la necessità di abbattere la mobilità fondata su energie fossili”, dice Cascetta.
Servono quindi politiche aggiuntive: bisogna spingere al massimo i biocombustibili; si devono premiare i comportamenti virtuosi; si devono rendere sostenibili le infrastrutture di trasporto, a partire da un gigantesco investimento sulle autostrade che hanno sempre avuto storicamente e anche oggi hanno il ruolo di avanguardia tecnologica. “Vi sono necessità di investimento improrogabili evidenziate da questo lavoro, ivi incluso il riconoscimento da parte della UE della necessità strategica di rigenerare le infrastrutture viarie della rete TEN-T, al pari di quelle ferroviarie”.
“Occorre decarbonizzare la strada”, sintetizza Cascetta che ricorda il ruolo crescente delle autostrade in un secolo di sviluppo e anche le strozzature create negli ultimi anni.
Fatto 100 il valore del Pil al 1970, nel 2022 era 228,6, mentre il traffico autostradale era cresciuto a 559, caricandosi gran parte del peso dello sviluppo economico. Ma l’estensione della rete stradale si ferma a 179, con un blocco che sostanzialmente dura da trenta anni. Questo significa saturazione cui si risponde subito con un piano che consideri tre obiettivi fondamentali:
- la manutenzione rigenerativa perché la rete italiana è più vecchia di venti anni delle altre reti europee;
- il potenziamento della rete per eliminare le strozzature esistenti oggi e dimostrate dal fatto che gli indici di saturazione variano da tratta a tratta;
- la digitalizzazione per proiettarsi verso le nuove forme di mobilità, a partire dalla guida assistita e dalla guida autonoma che si sta già sperimentando.
“La sfida – dice Roberto Tomasi, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia – è traghettare la rete autostradale nel futuro, rendendola verde, digitale, sempre più sicura e performante: un impegno che come Autostrade per l’Italia stiamo affrontando, ma che bisogna mettere a sistema con tutti gli attori del settore per tracciare un percorso lineare in cui definire gli investimenti disponibili, i profili tecnico professionali necessari e poter contribuire positivamente all’evoluzione del sistema normativo anche a livello europeo. La sostenibilità ambientale non può prescindere dalla sostenibilità economica e sociale”.