www.cresmedaily.it - Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Dal 27 al 36%, così i lavori del settore pubbliche traineranno il settore delle costruzioni nel prossimo triennio

Del XXXVI Rapporto congiunturale del CRESME presentato ieri prendiamo la tabella che meglio rappresenta l'andamento del settore delle costruzioni in Italia, gli investimenti ripartiti per comparto. Prendiamo, in particolare, quella in cui gli importi sono misurati a valori costanti 2015 e le previsioni sono proiettate fino al 2027. I numeri, in termini reali, sono poco significativi e occorre tener conto che questi 166,2 miliardi di investimenti totali a valori 2015 per il 2024 equivalgono, in termini correnti, a 217,5 miliardi di euro. Significative sono, però, le quote dei singoli comparti. Due sono i fenomeni principali che caratterizzano questo ciclo di dodici anni fra il 2016 e il 2027 e la fotografia del momento attuale.

Se partiamo dall’inizio, vediamo che nel 2016 il mercato era diviso fra un 39,1% del rinnovo residenziale, un 25% degli investimenti del settore pubblico (qui, oltre alle opere del genio civile sono compresi gli investimenti del non residenziale pubblico) e un 19,6% di nuove costruzioni private (residenziale e non residenziale).

Il primo fenomeno per intensità è l’esplosione del rinnovo residenziale negli anni del Superbonus, con la punta del 48,5% raggiunta nel 2022. È l’onda grigia del grafico. Questa quota – dice il Rapporto – è destinata a stabilizzarsi dal 2025, dopo la forte caduta del 2024, qualche punto sotto i livelli fisiologici di inizio ciclo, fra il 35 e il 36 per cento.

L’altro fenomeno – ed è quello destinato a dominare il prossimo triennio – è l’onda verde, la crescita della quota del comparto pubblico, spinto dal Pnrr sia sul fronte infrastrutturale che su quello del non residenziale. Questa quota, inchiodata fino al 2022 al 23% nonostante il risveglio degli investimenti in accelerazione da inizio decennio, viaggerà fra il 35 e il 36 per cento, segnando nel 2026 uno storico sorpasso del rinnovo residenziale (60,8 miliardi a valore 2015 contro 59,7).