Rispetto al 2010, la quota detenuta dal decimo più ricco è cresciuta di circa 7 punti percentuali, a scapito di quella della classe intermedia (costituita dalle famiglie con ricchezza netta compresa tra la mediana e il novantesimo percentile); la quota posseduta dalla metà meno abbiente è invece scesa solo lievemente.
La Relazione annuale di Bankitalia spiega come i Conti distributivi sulla ricchezza delle famiglie rappresentino “uno sviluppo della contabilità nazionale che permette di documentare tempestivamente e in modo integrato con le statistiche aggregate l’andamento della distribuzione del patrimonio e delle sue componenti”. Con riferimento ai paesi dell’eurozona queste statistiche, note come DWA, Distributional Wealth Accounts, sono state pubblicate per la prima volta all’inizio del 2024, come indicatori sperimentali. I dati riportati nei DWA, che hanno frequenza trimestrale e coprono il periodo 2009-23, sono basati sull’indagine Household Finance and Consumption Survey (HFCS), coordinata dalla BCE e svolta ogni tre anni a partire dal 2009″.
L’elaborazione di Bankitalia sulla base di questi dati ripartisce le famiglie italiane in tre classi sulla base della distribuzione della ricchezza netta: ai due estremi ci sono appunto la metà più povera e il 10% più ricco, in mezzo il “ceto medio” che va dal 50° al 90° percentile della distribuzione della ricchezza netta.
Tra il 2010 e il 2023 la ricchezza netta complessiva è aumentata, a prezzi correnti, di circa il 14%. Questa crescita è stata guidata dall’incremento del 29 per cento per il decimo di famiglie più abbienti, “riconducibile – dice Bankitalia – soprattutto all’andamento favorevole degli strumenti finanziari più rischiosi (azioni, partecipazioni, quote di fondi comuni, assicurazioni ramo vita)”.
Il calo della ricchezza per i nuclei della classe intermedia è stato del 4,8 per cento ed è invece dipeso dalla flessione del valore del patrimonio immobiliare, “solo in piccola parte compensata dalla dinamica degli strumenti finanziari più rischiosi”. La ricchezza netta della metà più povera delle famiglie è rimasta pressoché stabile, in seguito a un’espansione del valore del patrimonio immobiliare quasi interamente controbilanciata dal calo della ricchezza finanziaria e dal maggiore indebitamento.
“L’indice di Gini della ricchezza netta, che sintetizza il grado di disuguaglianza della sua distribuzione – afferma la Relazione annuale – ha mostrato un aumento della concentrazione tra il 2010 e il 2016, cresciuta dal 67 al 71 per cento, per poi assestarsi. Il livello di disuguaglianza in Italia è attualmente in linea con quello dell’area dell’euro e della Francia, superiore a quello della Spagna e inferiore a quello della Germania”.