www.cresmedaily.it - Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Ancora forti ritardi per il Piano banda ultralarga nelle zone bianche, opere collaudate ferme al 54%. Applicate penali per 55 milioni, il 75% per ritardi di progettazione

Il piano Banda ultralarga per le aree bianche si sarebbe dovuto concludere in tre tranche, a giugno 2020, a novembre 2020 e ad aprile 2022, ma i tempi di completamento del piano sono andati via via slittando in avanti e l'ultima programmazione di gennaio 2023 fissa il termine dell'intero piano a settembre 2024. A oggi, però, solo il 54% degli interventi è stato concluso e un altro 7% è in fase di collaudo. Il 35,5% è in lavorazione e addirittura c'è ancora un 3,5% in fase di progettazione.

La responsabilità dei ritardi è stata attribuita dal soggetto attuatore Infratel (che opera per conto del ministero delle Imprese e del made in Italy) per intero al concessionario Open Fiber e ha comportato già l’applicazione di penali per 54,6 milioni di euro. Il 75% di queste penali è stato applicato per ritardi progettuali: il 12% per ritardi nella consegna dei progetti definitivi, il 20% per l’adeguamento dei progetti definitivi, il 24% per la consegna delle autorizzazioni delle progettazione esecutive, il 19% per l’adeguamento delle progettazioni esecutive, il 25% per la chiusura delle prescrizioni di collaudo.

Questi dati sono contenuti nella Relazione conclusiva del Collegio concomitante di controllo della Corte dei conti sullo stato di avanzamento del Piano per la banda ultralarga nelle zone bianche (a fallimento di mercato). La relazione ha riscontrato “significative carenze nella complessiva programmazione finanziaria e delle attività” che hanno comportato forti ritardi nell’esecuzione del piano e che tuttora comportano il rischio che non si riesca a rispettare il nuovo termine del settembre 2024 per la conclusione degli interventi. “E’ cruciale – afferma la relazione – che il MIMIT ponga in essere, anche tramite il soggetto attuatore, tutte le azioni necessarie per garantire un’efficiente pianificazione del complesso delle attività residue, in pieno raccordo con quella finanziaria”.

Open Fiber ha spesso lamentato, a giustificazione dei ritardi, oltre ai rallentamenti per il Covid, “le difficoltà riscontrate nell’ottenimento dei permessi di scavo, nonostante si siano succeduti nel tempo vari decreti che hanno via via semplificato gli iter autorizzativi, decreti però non sempre recepiti dagli Enti locali”. Sui ritardi hanno pesato anche l’aumento dei costi delle materie prime e la carenza di manodopera (per ulteriori approfondimenti si veda l’articolo sul Diario dei nuovi appalti).

Il piano complessivamente vale 1,6 miliardi dopo il ribasso del 43% medio offerto da Open Fiber che si è aggiudicato tutti i 14 lotti in cui sono state ripartite le tre gare. Open Fiber aveva anche proposto in offerta una riduzione dei tempi di esecuzione da 48 a 36 mesi. A piano completato dovrebbero essere collegate 8,4 milioni di unità immobiliari in 7.413 comuni.