www.cresmedaily.it - Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Occupazione in crescita, ma la povertà non si ferma: la contraddizione italiana dell’ultimo decennio

Negli ultimi dieci anni, l’Italia ha registrato un trend apparentemente contraddittorio: incremento del tasso di occupazione accompagnato da crescita significativa della povertà assoluta. Questo fenomeno evidenzia come l’aumento dell’occupazione non sia stato sufficiente a garantire migliori condizioni economiche per una parte consistente della popolazione, sollevando interrogativi su dinamiche del mercato del lavoro, qualità dell’occupazione ed efficacia delle politiche di welfare.

Evoluzione occupazionale: un incremento quantitativo, ma non qualitativo

Il tasso di occupazione è aumentato gradualmente, passando dal 55,6% nel 2013 al 61,9% nel 2023. Questa crescita è stata in parte interrotta dalla pandemia di COVID-19, che nel 2020 ha determinato una contrazione del mercato del lavoro. Tuttavia, la ripresa successiva non ha risolto i problemi strutturali legati alla qualità dell’occupazione:

  • Contratti precari e part-time: Nel 2023, oltre il 14% degli occupati aveva un contratto a termine, in aumento rispetto al 12% registrato nel 2013, al 13,5% del 2021 e al 13,8% del 2022, mostrando una crescita graduale ma costante. Per quanto riguarda il lavoro part-time, il totale dei lavoratori con questa forma contrattuale è passato dal 15% nel 2013 al 17,5% nel 2021, al 18% nel 2022 e al 18,2% nel 2023, evidenziando una tendenza al rialzo anche nell’ultimo biennio.
  • Retribuzioni stagnanti: La crescita salariale è rimasta debole, con il reddito medio mensile dei lavoratori aumentato di meno dell’1% annuo in termini reali, passando da circa 1.250 euro nel 2013 a 1.320 euro nel 2023. Sebbene nell’ultimo biennio il reddito medio mensile sia cresciuto, passando da 1.315 euro nel 2022 a 1.320 euro nel 2023, questo aumento è risultato insufficiente a compensare la perdita di potere d’acquisto.  Nell’ultimo decennio, infatti, l’incremento cumulato dei prezzi ha superato il 20%, risultando più del doppio rispetto all’incremento salariale nello stesso periodo. Questo divario ha eroso significativamente il potere d’acquisto delle famiglie, aggravando le difficoltà economiche già evidenti in molte fasce della popolazione.

Povertà assoluta: un fenomeno in crescita

I dati ISTAT mostrano come la povertà assoluta sia aumentata nel tempo, passando dal 6,3% delle famiglie nel 2013 all’8,4% nel 2023. La pandemia ha rappresentato uno spartiacque, con un significativo peggioramento nel 2020, ma il fenomeno era già in crescita negli anni precedenti.

Le categorie più colpite includono:

  • Famiglie numerose: Il 21% delle famiglie con tre o più figli si trova in condizioni di povertà assoluta, in aumento rispetto al 18% registrato nel 2013. Questo incremento evidenzia le crescenti difficoltà economiche delle famiglie numerose, soprattutto nel Mezzogiorno.
  • Residenti nel Mezzogiorno: Nel 2023, il tasso di povertà assoluta nel Sud Italia era del 16,4%, circa il doppio rispetto al 7,8% delle regioni settentrionali. Questo divario è rimasto pressoché invariato rispetto al 2013, quando i tassi erano rispettivamente del 15,7% e 7,5%, evidenziando la persistenza delle disuguaglianze territoriali.
  • Giovani e precari: Gli under 35 rappresentano una fascia vulnerabile, con una maggiore esposizione a lavori poco stabili e retribuzioni basse. Nel 2023, il 28% degli under 35 era impiegato con contratti a termine o part-time, rispetto al 25% del 2013, mostrando un peggioramento delle condizioni occupazionali per questa fascia d’età.

Il ruolo delle politiche di welfare

Negli ultimi anni, le politiche di welfare in Italia hanno subito profonde trasformazioni, passando da approcci universali a strumenti più mirati. Questi cambiamenti, in parte dettati da esigenze di bilancio, riflettono anche un ripensamento delle strategie per combattere la povertà e favorire l’inclusione sociale.

  • Reddito di Cittadinanza (2019-2023): benefici e limiti

Introdotto nel 2019, il Reddito di Cittadinanza (RdC) ha rappresentato un ambizioso tentativo di combattere la povertà, fornendo un sostegno economico diretto alle famiglie in difficoltà. Nel 2022, circa 1,3 milioni di nuclei familiari hanno beneficiato del RdC, con un importo medio mensile pari a 580 euro. Complessivamente, lo Stato ha investito oltre 30 miliardi di euro nel periodo 2019-2023 per finanziare questa misura.

Il RdC ha avuto il merito di ridurre la povertà assoluta in molti casi, offrendo un’ancora di salvezza per numerose famiglie, soprattutto nelle aree più svantaggiate del Paese. Tuttavia, il programma è stato oggetto di critiche riguardanti la sua efficacia e sostenibilità. Solo il 30% dei beneficiari ha trovato un lavoro durante il periodo di erogazione, evidenziando l’incapacità del RdC di favorire un reinserimento stabile nel mercato del lavoro. Inoltre, il peso economico della misura ha sollevato preoccupazioni sulla sua sostenibilità a lungo termine, alimentando un ampio dibattito politico e sociale.

  • Assegno di Inclusione (2024): un sostituto restrittivo

L’introduzione dell’Assegno di Inclusione (AdI) nel 2024 ha segnato un importante cambiamento nelle politiche di welfare italiane. L’AdI ha sostituito il Reddito di Cittadinanza (RdC), introducendo criteri di accesso più stringenti e riducendo il numero di beneficiari.

Nel primo anno di applicazione, si stima che circa 700.000 famiglie abbiano avuto accesso all’AdI, un valore significativamente inferiore rispetto agli 1,3 milioni di famiglie supportate dal RdC nel 2022. L’importo massimo erogabile è di 500 euro mensili, con possibili integrazioni per disabili e famiglie numerose. Questo rappresenta una diminuzione rispetto agli importi medi percepiti con il RdC, suscitando preoccupazioni sul livello di sostegno offerto alle famiglie più vulnerabili, con effetti stimati che prevedevano un aumento del 5-10% del numero di famiglie in povertà assoluta.

Riflessioni e prospettive

L’analisi degli ultimi dieci anni evidenzia che la lotta alla povertà in Italia richiede interventi più incisivi e integrati:

  • Qualità dell’Occupazione: L’aumento del tasso di occupazione deve essere accompagnato da politiche per migliorare la qualità e la stabilità dei contratti, insieme a un incremento dei salari.
  • Sostegno alle Famiglie Vulnerabili: È necessario ampliare la platea dei beneficiari dell’Assegno di Inclusione, garantendo importi adeguati e una maggiore integrazione con le politiche attive del lavoro.
  • Riduzione delle Disuguaglianze Regionali: Gli investimenti nel Mezzogiorno devono essere una priorità per creare opportunità economiche e ridurre i divari territoriali.
  • Contenimento dell’Inflazione: Politiche fiscali e salariali devono mirare a proteggere il potere d’acquisto delle famiglie più vulnerabili.

Il rapporto tra occupazione e povertà rimane quindi complesso e influenzato da molteplici fattori. Le riforme del welfare, come il Reddito di Cittadinanza e l’Assegno di Inclusione, hanno dimostrato l’importanza di strumenti mirati, ma anche i loro limiti. Affrontare efficacemente il problema richiederà un approccio coordinato tra politiche del lavoro, sostegno al reddito e investimenti strutturali, con l’obiettivo di costruire una società più equa e inclusiva.

Enrico Campanelli

Laureato in Architettura con indirizzo Urbanistico, dal 1997 svolge attività di ricerca presso il CRESME, occupandosi in particolare della realizzazione di studi ed analisi di supporto alla pianificazione urbanistica e territoriale (scenari demografici e dimensionamento della domanda residenziale e non residenziale), collaborando, tra gli altri, al processo pianificatorio di Roma, Milano e Napoli. È l’ideatore ed il responsabile del sistema informativo e previsionale demografico DemoSI-CRESME, strumento di base per numerosi studi e ricerche dell’Istituto.