www.cresmedaily.it - Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Newsletter di economia del CRESME a cura di Giorgio Santilli

Effetto Superbonus, l’Istat rivede al rialzo il Pil nominale degli ultimi tre anni. Crescita 2023 da +0,9% a +0,7%

Una crescita del Pil 2023, in termini di volume, inferiore rispetto alle precedenti stime di marzo, +0,7% rispetto da +0,9%, e un miglioramento del rapporto deficit-Pil. L'attesa revisione dell'Istat, concordata in sede europea, tratteggia ora il nuovo quadro dei conti economici nazionali negli anni 2021-2023 che ora consentiranno di completare la stesura del nuovo Piano Strutturale di Bilancio di medio termine. Questa revisione con anno di riferimento il 2021, spiega l'Istituto di statistica, ha modificato in misura sensibile le stime dei livelli del Pil e dei principali aggregati negli ultimi anni, con un impatto tuttavia limitato sui loro tassi di variazione.

In sintesi, rispetto alle stime diffuse a marzo 2024, il Pil nominale del 2021 è risultato superiore di circa 21 miliardi e nel 2022 e 2023, rispettivamente, di 34 e 43 miliardi. Per effetto della revisione, il Pil in volume del 2023 si è attestato a un livello per la prima volta superiore al massimo raggiunto prima della crisi finanziaria del 2008.

Nel dettaglio, nel 2023, riferisce l’Istat,  il Pil ai prezzi di mercato risulta pari a 2.128.001 milioni di euro correnti, con una revisione al rialzo di 42.625 milioni rispetto alla stima di marzo scorso (+6,6%). Per il 2022 il livello del Pil risulta rivisto verso l’alto di 34.209 milioni di euro. Per il 2021 la revisione al rialzo è stata di 20.572 milioni di euro. Lo scorso anno, il tasso di variazione del Pil in volume è pari a 0,7%, al ribasso di 0,2 punti percentuali rispetto alla stima del marzo scorso. Sulla base dei nuovi dati, nel 2022 il Pil in volume è, invece, aumentato del 4,7%, al rialzo di 0,7 punti percentuali, nel 2021 è cresciuto dell’8,9%, con una revisione di +0,6 punti percentuali.

Tornando al 2023, la crescita del Pil – +0,7% ai prezzi di mercato –  è stata accompagnata da un calo dello 0,4% delle importazioni di beni e servizi in volume; nel complesso, le risorse di beni e servizi disponibili sono salite dello 0,4%. Dal lato degli impieghi si registrano incrementi dell’1,2% per i consumi finali nazionali, dell’8,5% per gli investimenti fissi lordi e dello 0,8% per le esportazioni di beni e servizi. Nel 2023 la spesa per consumi finali delle famiglie residenti è cresciuta, in volume, dello 0,9%. Nell’ambito dei consumi finali interni, la componente dei servizi è salita del 3,3%, mentre quella dei beni è scesa dell’1,3%; gli incrementi più significativi hanno riguardato le spese per alberghi e ristoranti (+6,4%), ricreazione e cultura (+6,3%) e trasporti (+7,8%); scendono, invece, le spese per vestiario e calzature (-5,6%) e quelle per mobili, elettrodomestici e manutenzione della casa (-6,0%). Gli investimenti fissi lordi segnano un incremento, in volume, dell’8,5%. La componente delle costruzioni è salita del 14,5%, quella dei mezzi di trasporto del 18,0% e quella dei prodotti della proprietà intellettuale del 3,0%; quella delle macchine e attrezzature è scesa dello 0,9%

Con il boom del Superbonus dalle costruzioni il principale valore aggiunto al Pil nel triennio 2021-23, +21,9%, +16,4% e +6,7%

Nel 2023, la crescita dello 0,7% del valore aggiunto in volume costituisce la sintesi di aumenti del 6,7% nelle costruzioni e dell’1,1% nei servizi e di diminuzioni del 3,5% nell’agricoltura, silvicoltura e pesca e dell’1,6% nell’industria in senso stretto. Nel settore dei servizi si registrano rilevanti incrementi nel comparto delle attività immobiliari (+5,0%), in quello delle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento e della riparazione di beni per la casa e altri servizi (+5,0%); in forte calo le attività finanziarie e assicurative (-6,6%). Per il 2023 il valore aggiunto in volume è stato rivisto al ribasso di 0,4 punti percentuali. A livello settoriale, modifiche al ribasso hanno interessato l’agricoltura (-1,0 punti percentuali), l’industria in senso stretto (-0,5 punti percentuali), le attività finanziarie e assicurative (-6,4 punti), le attività professionali (-1,6 punti), il settore che comprende le AP, difesa, istruzione, salute e servizi sociali (-0,2 punti) e attività artistiche, di intrattenimento e divertimento, riparazione di beni e servizi per la casa (-1,1 punti percentuali). Si registrano revisioni al rialzo per le costruzioni (+2,8 punti) e per le attività immobiliari (+1,7 punti percentuali). Nell’arco dei tre anni al centro della revisione dell’Istat, emerge, come dopo l’annus horribilis del 2020, con il crollo generale in tutti i settori, è arrivato dalle costruzioni con il motore del Superbonus il maggiore apporto al valore aggiunto, seppur decrescente: +21,9% nel 2021, +16,4% e poi la decisa frenata nel 2023 +6,7%, dato che, come detto, costituisce il valore più alto tra tutti i settori.

Migliora il rapporto deficit/pil a -7,2%

Sulla base delle informazioni aggiornate, l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è stato pari nel 2023
a -7,2% (-8,1% l’anno precedente). L’indebitamento è di -152.735 milioni di euro, in calo di circa 8,8 miliardi  rispetto all’anno precedente. Il saldo primario (indebitamento netto al netto della spesa per interessi) è negativo e pari a -74.748 milioni di euro, con un’incidenza sul Pil del -3,5% (-4,0% nel 2022); il saldo di parte corrente (risparmio o disavanzo delle AP) è positivo e pari a 16.659 milioni di euro, in miglioramento rispetto a quello registrato nel 2022 che era pari a -17.934 milioni. Tale risultato è dipeso da un aumento di circa 51,9 miliardi di euro delle entrate correnti, superiore a quello delle uscite correnti (di circa 17,3 miliardi).

Entrate e uscite delle amministrazioni pubbliche nel 2023

Nel 2023 le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche sono aumentate del 6,1% rispetto all’anno
precedente. L’incidenza sul Pil è pari al 46,6%. Le entrate correnti hanno registrato una crescita del 5,7%, attestandosi al 45,5% del Pil. In particolare, le imposte dirette sono aumentate del 10,5%, principalmente per il forte incremento dell’IRPEF, dell’IRES e delle ritenute sugli interessi e sui redditi da capitale. Anche le imposte indirette hanno registrato una crescita marcata (+3,9%), guidata dall’incremento del gettito IVA (sostenuto dall'incremento dei prezzi al consumo), dell’IRAP e, soprattutto, delle imposte sugli oli minerali e sull'energia elettrica. Queste ultime sono aumentate anche per effetto della graduale riduzione delle misure a sostegno di imprese e famiglie introdotte a partire dall’ultimo trimestre del 2021 a seguito della crisi energetica. I contributi sociali sono cresciuti rispetto al 2022 (+3,5%) così come la produzione vendibile e per uso proprio (+4,9%), mentre sono diminuite dell’1,8% le altre entrate correnti. La crescita delle entrate in conto capitale (+29,3%) è spinta principalmente dalla dinamica delle altre entrate in conto capitale e, in particolare, dai contributi agli investimenti dall’Unione europea relativi al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). La pressione fiscale complessiva (ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil) è risultata in calo e pari al 41,5% (era 41,7% nel 2022), a seguito di un aumento delle entrate fiscali e contributive (6,0%) inferiore rispetto a quello del Pil a prezzi correnti (+6,6%).