Uno dei temi più dibattuti in questo confronto – organizzato dal think tank ECCO e voluto dal vicepresidente della Camera Sergio Costa (M5S) riguarda gli obiettivi posti dal PNIEC in generale e quelli per le energie rinnovabili in particolare, per cui si dovrebbe passare da una quota sul totale del 19% nel 2021 al 40,5% nel 2030 (si veda il grafico).
Se il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, definisce il PNiEC “il piano giusto per decarbonizzare, con obiettivi realistici”, dalle voci delle associazioni, del sindacato, anche dell’industria gli obiettivi del Piano sono considerati al tempo stesso ambiziosi rispetto alla nostra situazione attuale e insufficienti per cogliere gli obiettivi generali del Fit-for-55% europeo al 2030. Uno scarto che va colmato con l’azione politica. “Se non acceleriamo, come stanno facendo gli altri Paesi, gli obiettivi europei per il 2030 si allontaneranno”, ha detto Enrico Giovannini, direttore scientifico di ASVIS, che ha anche posto uno dei grandi temi politici di questo momento, la necessità di una legge sui cambiamenti climatici e di strumenti amministrativi, a partire da una vera conversione allo sviluppo sostenibile del CIPESS per cui pure – ha detto Giovannini – ci sarebbe già pronta una delibera che dica chiaramente che “d’ora in avanti non può essere approvato alcun progetto che non sia coerente con la politica impostata dal PNIEC”. Perché uno dei problemi è proprio la coerenza fra i diversi strumenti di pianificazione.
Sulle rinnovabili il punto di partenza è stato per molte considerazioni il buon risultato del 2023, 5 GW di energie rinnovabili aggiuntive installate in Italia. “Ma senza una governance, senza una struttura capace di implementare le politiche e di monitorare i risultati delle politiche che mettiamo in atto – ha detto Matteo Leonardi, cofondatore e direttore esecutivo di ECCO -noi non saremo capaci di valutare se questo risultato di 5 GW riusciremo a conseguirlo anche quando il prezzo del gas non sarà più al picco. L’assenza di una governance è una delle questioni da affrontare urgentemente, insieme ad altre questioni fondamentali: serve una visione settoriale che ci consenta di accompagnare un tessuto industriale e produttivo molto segmentato, in cui alcuni guadagnano dalla decarbonizzazione e altri no, alcuni hanno già disponibile il set di tecnologie necessarie per decarbonizzare e altri devono ancora attendere; serve un ribaltamento della politica fiscale che finora ha favorito il gas perché il gas ci ha consentito di crescere, ma ora bisogna alleggerire il peso del fisco sulle rinnovabili”.
Alessandro Garrone, vicepresidente della ERG, ha ricordato i passaggi fondamentali di un caso positivo, un gruppo che in quindici anni è passato da una produzione di idrocarburi a una produzione 100% di energie rinnovabili, arrivando a produrre nel 2023 3 GW, con ambizione di produrne 5 nel 2027. “Per questa trasformazione – ha detto Garrone – sono state necessarie professionalità, visione, solidità finanziarie, governance dei processi decisionali e gestione degli ambiti territoriali. La principale difficoltà resta la lentezza delle autorizzazioni, nonostante ci sia stato un certo miglioramento negli ultimi anni. Sul PNIEC dico che non arriva come un’azione che implementa tutto ciò che è necessario per raggiungere quegli obiettivi”. Anche lui, come in precedenza Raimondo Orsini, direttore della Fondazione Sviluppo sostenibile, e Francesco Naso, segretario generale di MOTUS-E, hanno chiesto con insistenza che il PNIEC, attraverso l’identificazione di percorsi chiari e degli strumenti per affrontarli, diventi uno strumento di politica industriale, attento a rispondere alle domande del nostro tessuto produttivo, Unanimità sul fatto che oggi nel PNIEC manchi proprio la politica industriale.
C’è stato anche un dibattito più strettamente politico. Se Chiara Braga (Pd) ha chiesto una legge sui cambiamenti climatici e un rafforzamento degli strumenti di governance, compreso un Comitato scientifico del clima, dall’altra parte il presidente della commissione Ambiente della Camera, Mauro Rotelli (Fratelli d’Italia), ha risposto che “soprattutto sulle rinnovabili non credo ci sia bisogno di aggiungere ulteriori norme ma semmai di semplificarle”.